SULMONA – Cronaca di oggi, il consiglio Comunale di Sulmona tornerà a riunirsi il 9 ottobre prossimo, con diversi punti all’ordine del giorno. Ma ciò che colpisce particolarmente della giornata politica, è la mozione presentata dal consigliere Roberta Salvati (passata in opposizione da febbraio per aderire ai non iscritti).
La mozione, molto articolata, è oggettivamente condivisibile nel suo significato. Difatti qui, il consigliere ravvisa principi di antidemocraticità e anticostituzionalità all’interno del regolamento del Consiglio e delle Commissioni. Nella mozione, dopo la premessa di diritti e prerogative base dei consiglieri, viene sviscerata una condizione paradossale creatasi in Comune secondo cui: nella Composizione dei Gruppi Consiliari (Art. 11, comma 1 e 2) i consiglieri che non aderiscono a nessun gruppo esistente in Consiglio, o nelle Commissioni, possono partecipare solo come uditori e senza diritto di voto.
La denuncia della Salvati specifica pertanto che i “non iscritti“, sono quei consiglieri eletti come tutti gli altri che non sentono di riconoscersi e di sentirsi rappresentati dalla componente politica in seno al Consiglio. È chiaro che in questo modo un consigliere confluito nei non iscritti, diventi solo “un muto spettatore“. In pratica così, si esercita una democrazia a bassa intensità.
Per questi motivi la Salvati ha richiesto una modifica al vigente regolamento per il funzionamento del Consiglio, al fine di creare il “Gruppo Misto” o “Gruppo dei Non Iscritti”, inteso come configurazione politica esistente in tutti i livelli di democrazia occidentale, dotata di piena operatività politica, nel quale possano confluire i consiglieri anche di diverso orientamento e che non possono costituire un proprio gruppo per mancanza delle condizioni previste.
Infine viene specificato come in diverse occasioni alla stessa consigliera sia stato impedito il diritto di parola durante la conferenza dei Capigruppo o nelle Commissioni, da parte di un altro consigliere, appunto perché facente parte dei “non iscritti”. Aggiunge pertanto la Salvati: “sentirmi negato il diritto di parola da un collega, eletto come me dai cittadini, con stessi diritti e doveri, assume note grottesche, soprattutto se si stanno prendendo decisioni per il bene pubblico”.